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La violenza sui bambini con disabilità

Aggiornamento: 3 gen 2023

Per maltrattamento infantile si intende ogni forma di abuso e maltrattamento nei riguardi di soggetti in età evolutiva (bambini e adolescenti). Sono fenomeni complessi che si differenziano per la forma, per l'età della vittima, a seconda della gravità della violenza e del contesto nel quale avviene e del rapporto tra la vittima e l'autore della violenza. La violenza sui minori è molto diffusa ma, a differenza di quella sugli adulti, è meno rilevabile per fenomeni culturali di negazione, minimizzazione e perché molto spesso avviene in famiglia, rischiando di restare inespressa e invisibile, con conseguente cronicizzazione dei danni sul piano psichico e fisico delle vittime. Secondo dati recenti più del 90% degli abusi sui minori avvengono tra le mura domestiche. Esistono varie forme di violenza: Per maltrattamento fisico si intende il ricorso alla violenza fisica come punizioni corporali, aggressioni o attentati all'integrità fisica. “Questo include il colpire, percuotere, prendere a calci, scuotere, mordere, strangolare, scottare, bruciare, avvelenare, soffocare. Gran parte della violenza a danno di minori dentro le mura domestiche viene inflitta con lo scopo di punire”. (WHO, 2006) Maltrattamento psicologico: si intende forme di comunicazione e/o comportamento ripetute e continue pressioni psicologiche, ricatti affettivi, minacce, indifferenza, rifiuto, denigrazione in modo continuato e duraturo nel tempo Patologia delle cure (trascuratezza/negligenza): si riferisce all’inadeguatezza o all’insufficienza di cure rispetto ai bisogni fisici, psicologici, medici ed educativi propri della fase evolutiva del bambino/a o adolescente da parte di coloro che ne sono i legali responsabili. Include incuria (cure carenti), discuria (cure non in linea con la fase evolutiva e le necessità del minore) e ipercura (cure somministrate in eccesso). Per abuso sessuale si intende qualsiasi attività sessuale tra un adulto e un/una bambino/a che, per ragioni di immaturità psicologica e/o affettiva, o per condizioni di dipendenza dagli adulti (o in quanto ne subisce l’influenza), non è ritenuto in grado di poter compiere scelte consapevoli o di avere adeguata consapevolezza del significato e del valore delle attività sessuali in cui viene coinvolto. La Violenza assistita è stata definita dal CISMAI come “il fare esperienza da parte del/la bambino/a di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulti e minori”. In gran parte dei casi i bambini e gli adolescenti non sono vittime di una sola forma di violenza ma di varie forme combinate fra loro. Secondo l' Agenzia Giornalistica Italia (AGI) circa un terzo dei bambini e dei ragazzi con disabilità, ha subito almeno un episodio di violenza di tipo fisico, emotivo, sessuale, psicologica o verbale. Questo risultato è emerso dallo studio descritto sulla rivista inglese, The Lancet Child & Adolescent Health, condotto dagli scienziati dell'Università di Oxford e della Beijing Normal University, in Cina, che hanno eseguito una revisione sistematica di ricerche condotte tra il 1990 e il 2020 in 25 paesi. Dall'indagine è emerso che i minori con disabilità sono associate a una probabilità doppia di subire violenza e circa il 38% dei bambini diversamente abili subisce atti di bullismo o cyberbullismo da parte dei propri coetanei. Questo studio evidenzia una sostanziale carenza di informazioni nei paesi a basso e medio reddito, in particolare in Europa orientale, nel Sud-est asiatico e nell'Asia centrale. I tassi di violenza variano a seconda della disabilità e sono più elevati in bambini con disturbi mentali (34%) e difficoltà cognitive (33%) rispetto a coloro che convivono con disabilità sensoriali (27%), limitazioni fisiche o motorie (26 %) e malattie croniche (21%). Inoltre, nei paesi a basso reddito vi sono tassi di violenza più elevati rispetto ai bambini che vivono in Paesi economicamente più agiati. Questa discrepanza, secondo gli scienziati, potrebbe dipendere dalle disuguaglianze nell'accesso ai servizi di prevenzione e supporto. Vi è, dunque, una necessità di sforzi collaborativi da parte di governo, enti sociali, ricercatori e operatori sanitari, volti ad aumentare la consapevolezza delle possibili forme di violenza contro la disabilità e consentirne il riconoscimento nei casi "nascosti" e la prevenzione in altri. In gran parte dei casi, la fragilità e la non consapevolezza da parte dei minori con disabilità della gravità delle azioni, delle parole ferenti e dei comportamenti altrui, diviene motivo di perpetuazione della violenza. Essi in genere non hanno la capacità cognitiva di riconoscere l'abuso o il maltrattamento come tale, non possiedono gli strumenti utili a denunciare e finiscono per convivere con modus operandi tutt'altro che "normali" e vivibili. Ciò può avvenire in contesto domestico, scolastico o altri come al parco, per strada, presso strutture sportive, tra i pari o da parte dell'adulto. È necessario che leader politici, professionisti e ricercatori lavorino insieme per implementare le misure che sappiamo essere efficaci nella prevenzione della violenza. È necessario avanzare ricerche più solide nelle popolazioni economicamente svantaggiate per indagare sulla violenza perpetrata da partner intimi e figure autorevoli.


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